Beatrice Fontana condivide insieme alle celebri sorelle che fondarono l’atelier omonimo e al brand di accessori luxury Fontana Milano, valori come l’amore per il bello e per il savoir fare. Stilista, interior designer, trendsetter: Fontana scopre la passione per il design, nel senso più ampio del termine, ancora prima di iniziare la scuola. Il talento è già nel suo dna, ma lo affina come un diamante grezzo attraverso studi ed esperienze di un certo calibro. Per citarne alcune: Bulgari, Fendi, Armani, Serapian Milano, Parker, Waterman.
E proprio come la pietra più preziosa dalle disparate sfaccettature, ha dimostrato che riesce a muoversi con naturalezza e trasversalità nei vari microcosmi della creatività: passando dagli accessori di moda ai gioielli fino all’interior decor e tableware.
Oggi è anche seguitissima su Instagram, dove condivide le sue ricerche, dispensa fashion tips e commenta i look. Senza peccare di modi egoriferiti. Schietta e verace, Fontana non ha peli sulla lingua e dice la sua senza troppe esitazioni. “Sono arrivata ad un’età in cui non ho bisogno di lisciare nessuno!”. Ci diamo appuntamento al telefono e dopo una lunga e stimolante chiacchierata, il risultato è questa intervista che segue. Da conservare quasi come un vademecum!
Ci racconti un pò di te?
Approdo nella moda quando avevo solo tre anni. Ho subito capito che quel mondo sarebbe stato il fil rouge della mia vita. Vestivo le bambole, dispensavo consigli nei giochi tra bambini e subito dopo ho incominciato a trasferire le idee creative su carta, disegnando look differenti per donne – dal daywear alla sera – arricchendoli con accessori di foggia mai uguale. C’è un aneddoto: di recente, grazie ai social media, ho sentito i miei ex compagni della scuola elementare e mi hanno detto che hanno trovato alcuni miei bozzetti sui loro diari!
L’iscrizione ad una scuola specifica fu una conseguenza naturale: ho frequentato l’Istituto Marangoni. La moda italiana viveva una stagione straordinaria: noi studenti assistevamo ad un turbinio creativo, quasi lisergico dei nostri docenti, menti che fanno parte del gotha del fashion. Erano gli anni Ottanta, e dopo varie esperienze sono ritornata tra quei banchi di quella scuola, nella veste di insegnante. Terminati gli studi ho fatto uno stage in un’azienda marchigiana, che mi ha introdotto al disegno degli accessori. È stato un fortunato caso (all’epoca il design era solo appannaggio dell’abbigliamento, trovando così un campo fertile dove introdurmi) ma anche una consapevolezza: ho realizzato che volevo specializzarmi in quel settore, in bilico tra accessori e gioielli. Non mi è dispiaciuto lasciare la progettazione dell’abito in quanto richiede una certa manualità unita alla modellistica.
L’essenza del mio lavoro risiede nel tourbillon creativo: quando accendo il motore della ricerca, attingendo dalle ispirazioni più disparate dò il meglio di me! L’apice della mia carriera è stato in Bulgari, undici anni dedicati alla sperimentazione sugli accessori. Oggi posso affermare che sono arrivata dove volevo in quell’ambito.
Hai collaborato con tanti prestigiosi brand internazionali. Non l’hai mai dichiarato ma dai social media (#lovemyjob) e da alcune voci del settore si dice che abbia disegnato per Bulgari la borsa Serpenti, divenuta un cult (per non citare le collaborazioni con Armani e Fendi). Quali sono gli elementi capaci di rendere un pezzo iconico?
Per me sono tre i diktat alla base di un pezzo iconico:
1. Deve essere bello nel momento in cui lo fai. Va contestualizzato in quel preciso istante senza pensare che nasca per diventare iconico. È tutto giocato sull’ hic et nunc.
2. Deve essere aspirazionale. Deve farti desiderare di entrare in possesso. Generalmente il pezzo iconico va a braccetto con l’acquisto di pancia. Cela una forza evocativa e una cosa illogica da fartelo bramare. A volte va anche di pari passo con l’idea di uno stile di vita ideale, di esprimere uno status.
3. Deve raccontare una storia, osando di differenziarsi dall’offerta degli altri oggetti della categoria. Spesso si tratta di un oggetto fuori dagli schemi, che ha il coraggio di sviscerare la propria identità in un mondo di omologazione.
Il tuo feed Instagram sembra un vero e proprio cabinet de curiosités digitale. Perché e come è nata l’idea di condividere ispirazioni e suggestioni?
L’idea è nata per caso scoprendo questo raffinato social media. Da sempre faccio moodboard di immagini: rappresenta il modo di costruire uno storyboard di stile, un vero e proprio iter che Instagram mi consente di fare tenendo traccia di un percorso cronologico. È un tool che uso non solo per “fissare” le ricerche ma anche per scoprire altri mondi. I social ti permettono di avvicinarti a luoghi fantastici, a cogliere stimoli ovunque. Ho viaggiato moltissimo in passato per fare ricerca, ma oggi è difficile trovare realtà artigianali e locali. Per assurdo oggi trovo più cose interessanti scavando in profondità su Instagram.
Che cos’è il #BeaMood?
Il #BeaMood nasce durante il lockdown con lo scopo di mettere in luce attraverso la mia galleria su Instagram la moltitudine di eccellenze artigianali che si nascondono in ogni angolo d’Italia. Mi sono accorta di quante micce creative ci sono e il #BeaMood funge da collante a tutte queste realtà, in cui in alcuni casi sono intervenuta in veste di art director per accrescere la loro prospettiva glam. Sono nate delle bellissime e stimolanti collaborazioni condite da un’energia pazzesca. Il plus è dato da un fattore: sono tutte storie di donne che celebrano il loro amore senza fame di business per il fare italiano.
Interior design, lifestyle, moda, table setting, gioielli, hospitality design: a quale settore oggi ti senti più vicina? In quale settore vorresti sperimentare la tua creatività?
Mi definisco una creativa di prodotto, riesco ad intercettare cosa piace alla gente. Studio le tendenze e per me la creatività non ha confini. Mi sento stretta in un unico abito come quello degli accessori, lo stile ha tante declinazioni e amo buttarmi a capofitto senza circoscrivermi in una categoria. Sono un accessorio in tutte le cose. Ora sento di puntare su Instagram, di fare un mix and match di cose che mi piacciono.
#OldisNew è uno dei tuoi hashtag ricorrenti. Dopo anni di sovrapproduzione, inquinamento e disallinamento stagionale (con conseguente saturazione del processo creativo in alcuni casi), in controtendenza tanti celebrano il ritorno del vintage. Quale futuro ti aspetti per la moda?
Oggi le maison di moda sono in mano al marketing operativo che dice al reparto creativo cosa lanciare. Una modalità che mina la creatività. Il vintage diventa oggetto di studio, ma soprattutto è l’escamotage degli stilisti, player principali nella conoscenza della storia dell’arte e del costume, per “confutare” i fogli excel presentati dai colleghi che si occupano di numeri. In un mondo sempre più globalizzato, il vintage è in grado di raccontare una storia veicolando delle emozioni lontane dal consumo rapido.
Il mio hashtag #OldisNew definisce proprio un’estetica in linea con il ritorno del vintage e con l’economia circolare. C’è poi un altro fenomeno che va sempre più a svilupparsi: il COVID-19 porterà a vivere una dimensione più a KM 0 e di riflesso, anche nella moda, prediligeremo realtà più local, come è successo già nel food diverso tempo fa. Questo non significa che non compreremo più capi low cost o dei marchi più blasonati, ma li mixeremo con pezzi dell’artigianato valorizzando le nostre maestrie e supportando anche la riduzione di inquinamento dovuto alla sovrapproduzione.
I viaggi sono un elemento chiave per il tuo processo creativo. Qual è la prossima meta che desideri visitare?
Ho fatto sempre tanti viaggi per nutrirmi di ricerca e ispirazione ma purtroppo l’emergenza COVID-19 ha dapprima interrotto e ora scoraggiato la possibilità di partire. Oggi mi accontento di viaggiare lontano con la mente in modo virtuale grazie ad Instagram, dove ho scoperto Tbilisi, la capitale della Georgia. La prossima tappa dunque sarà questa, una città che ha un’allure un po' folk, dal gusto definito con eccellenze manifatturiere, come quella del tricot, e con le premesse di un lifestyle che non passerà inosservato: mi sembra la Marrakech di 30 anni fa.
Su instagram affidi anche i tuoi pensieri, ovvero le tue riflessioni con piglio quasi antropologico. Quali aspettative hai per il futuro o quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Svelo già in anteprima un progetto interessante con SuperStudio, che approfondirò presto sul mio profilo Instagram. Di recente ho lanciato una serie di fashion tips sulle stories e ho ricevuto parecchi feedback positivi. Il contatto con le persone e il loro riscontro sono fondamentali per una creativa come me, abituata a porsi delle domande. La società è un driver fondamentale per creare e contestualizzare.
Mi piacerebbe inoltre tornare ad insegnare, chissà se farlo attraverso webinar o tutorial.
Sono certa di voler continuare sfruttare le potenzialità infinite dei social media…senza mettere nessuna barriera!
Beatrice Fontana is so amazing. She got to know about fashion in just 3 years old, that's very inspiring.
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